L’Ing. Mauro Rossato, Presidente di Vega Engineering, spiega perchè la mobilità è ancora “insostenibile”.
Per il momento sembra solo l’immagine idilliaca di una fiaba cittadina senza rumori e senza emissioni, proiettata alla salvaguardia del pianeta. Tant’è che nei primi cinque mesi del 2013 in Italia – secondo un’accurata indagine condotta dall’Energy & Strategy Group del Politecnico milanese – la percentuale di vetture alimentate dalle batterie sul totale delle immatricolazioni è arrivata appena allo 0,04 per cento. E, probabilmente, di tanti ‘zeri’ ci si accorge girando dentro e fuori le città. Pochissime le auto e scarsa anche la presenza dei punti di ricarica per questo tipo di veicoli.
Complice la crisi e un inadeguato – e forse assente – itinerario informativo nel Paese sui benefici della mobilità sostenibile, l’Italia è molto lontana dagli indicatori delle vendite di auto elettriche rilevate nel resto d’Europa.
Soprattutto quando si parla di Norvegia – la più virtuosa del Vecchio Continente – dove le ‘immatricolazioni elettriche’ rappresentano il 3 per cento del totale. Un abisso di distanza tecnologica e di sensibilità ambientale che si giustifica in una strategia politica efficiente e semplice: puntare sugli incentivi che in Norvegia si traducono anche con l’esenzione dall’Iva e dal bollo. E ancora: la creazione di parcheggi solo per auto elettriche e l’apertura delle corsie riservate alle auto a zero emissioni. A Oslo, insomma, le colonnine per la ricariche sono ovunque: fuori dai ristoranti, nei parcheggi, vicino ai distributori tradizionali con attaccate auto in ricarica. Una capitale in cui il futuro è già presente e che sembra sia lontana anni luce dalla nostra Penisola dove tutto, invece, sembra rimanga immobile ed ancora fortemente legato ad una mobilità ormai ‘insostenibile’.
A cominciare dal piano triennale degli incentivi per le vetture ecologiche: perché i fondi (1,5 milioni di euro per il 2013 anche senza contemporanea rottamazione di un vecchio veicolo) bastano per incentivare l’acquisto di 300 auto a batterie. Mentre la maggior parte degli incentivi, vale a dire 35,5 milioni di euro su un totale di 40, è diretta ai lavoratori autonomi e alle aziende che desiderano rottamare un veicolo di 10 anni, acquistandone uno nuovo. Ma pure in questo caso solo 3,5 milioni sono destinati all’acquisto dell’auto totalmente elettrica. Così a giugno 2013, tre mesi dopo l’entrata in vigore del provvedimento, erano immatricolate appena 228 elettriche rispetto alle 300.000, circa, vetture tradizionali vendute nello stesso periodo.
Le stime sono sconfortanti, dunque, ed anche le previsioni dell’Energy & Strategy Group per il 2020 non sembrano andare in direzioni più virtuose con 350 mila auto a batterie, vale a dire una media di 50 mila mezzi all’anno. Una proiezione che depenna quella più ottimistica che assicurava un mercato elettrico di 3,8 milioni di vetture nel 2020.
A stridere poi con le immagini di città totally ‘o quasi’ green è anche la scarsa presenza delle colonnine per la ricarica dei veicoli. Attualmente, stando al sito colonnineelettriche.it, ce ne sono 461 in tutta Italia ma per il 2020 ne occorrerebbero ben 100 mila. Tra le città più virtuose per adesso troviamo Firenze con 138 colonnine, seguita da Roma con 66 e Milano con 48. Mentre in quasi tutte le province non si superano le 5 colonnine su tutto il territorio, con molti centri importanti che dispongono soltanto di una infrastruttura pubblica a cui poter allacciarle la propria auto elettrica.
Eppure è proprio questa la premessa fondamentale affinché la mobilità sostenibile possa concretizzarsi: assicurare agli utenti l’accesso all’energia elettrica ovunque e in qualsiasi momento. Questo il perno attorno al quale ruota e ruoterà il successo dell’auto elettrica e attorno al quale cambieranno anche i volti delle città. Solo così decollerà un mercato nuovo che consentirà di risollevare il settore automobilistico e quello dell’impiantistica, creando nuovi posti di lavoro e migliorando i livelli di inquinamento delle nostre città. Il tutto all’insegna di uno sviluppo ecosostenibile che gli amministratori del nostro Paese continuano a trascurare ipotecando negativamente il futuro dei nostri figli.