Al mondo sono 70 milioni. Li riconosci perché davanti a un green, a una bandiera e a una pallina bianca di 4,26 centimetri di diametro rischiano di perdere la testa. In Italia da qualche tempo hanno superato la soglia dei 100 mila. Tutta gente che per 18 buche riesce a dimenticare la crisi, lo «spread» e le voragini economiche. Disposta a rinunciare a tutto ma non a qualche «swing» (così si chiama il movimento con il quale si cerca di colpire la pallina) in mezzo al verde.
D’altra parte le statistiche parlano chiaro: ogni anno almeno 25 milioni di persone partono per una vacanza con la sacca in spalla. Tradotto in soldoni, significa un giro d’affari mondiale di 40 miliardi di dollari, 300 milioni di euro solo per quanto riguarda il mercato italiano. Non è quindi un caso che «Tee Time», la Borsa internazionale del Turismo del golf che si è svolta qualche giorno fa alla Fiera di Verona, abbia chiuso questa edizione con un bilancio di 25 mila presenze. Segno che le mete golfistiche non perdono il loro appeal neppure in tempi di vacche magre.
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