Quanto cibo si spreca in famiglia? Sicuramente troppo, considerando anche il periodo di recessione economica che consiglierebbe scelte più sagge da parte di tutti: adulti e più giovani, famiglie e single. Quanto ai numeri, per ora, quelli più affidabili, e al tempo stesso preoccupanti, li ha diffusi la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura: un terzo del cibo prodotto finirebbe nella spazzatura, per un spreco che arriverebbe a costare anche 550 miliardi di euro l’anno. Un comportamento non più sostenibile, nell’ottica della tutela della salute dell’uomo e del pianeta.
I NUMERI DELL’ITALIA – Giunto alla seconda edizione, WiGreen – Forum sulla Sostenibilità Ambientale, in programma il 13 e il 14 febbraio 2014 presso il Centro Congressi Fondazione Stelline a Milano, punta a fornire risposte e soluzioni valide per la salvaguardia dell’ambiente. Partendo, innanzitutto, dalla riduzione dello spreco alimentare. Sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema è un impegno da assolvere quanto prima. Le ultime statistiche, fornite dal Politecnico di Milano, documentano uno spreco nazionale, lungo l’intera filiera, pari 6 milioni di tonnellate di cibo all’anno: equivalenti all’8% della spesa. Ogni italiano, in media, nell’arco di dodici mesi sprecherebbe 76 chilogrammi di cibo, con un 27% dei nostri connazionali che dichiara di buttarne in discrete quantità almeno una volta alla settimana. Sebbene questa rilevazione sia in calo rispetto agli anni precedenti, il dato risulta ancora eccessivo se si tiene conto delle difficili condizioni di accesso al cibo che si registrano in molti Paesi del mondo. Ecco perché esponenti della comunità scientifica, uomini d’azienda, rappresentanti delle associazioni dei consumatori e di categoria hanno un unico obiettivo: ridurre e, laddove possibile, eliminare gli sprechi.
COMPORTAMENTI ERRATI – L’Italia, in questo senso, non appare un Paese virtuoso. Com’è possibile spiegare questa condotta? «Servirebbe innanzitutto portare avanti un percorso di educazione e formazione del cittadino – spiega Franca Braga, responsabile del centro di competenza alimentazione e salute Italia di Altroconsumo e relatrice sul tema nel corso di WiGreen -. Ancora oggi molte persone non sanno fare la spesa. La lista degli acquisti è una rarità, così ci si lascia spesso sedurre dalle offerte e si comprano quantità esagerate di cibo. È importante attenersi all’elenco e, come dimostrano recenti ricerche scientifiche, evitare di recarsi al supermercato a digiuno».
La questione dello spreco alimentare è stata oggetto di un’approfondita inchiesta pubblicata sul mensile dell’associazione di consumatori a novembre. Dall’indagine, condotta studiando le abitudini alimentari di un campione di dieci nuclei familiari, è emerso come i single tendano ad accumulare nel tempo prodotti aperti da tempo e dunque considerati di dubbia bontà. Diversi, invece, gli errori compiuti dalle famiglie, portate a lasciar scadere alcuni prodotti prima di consumarli. Più in generale, in pochi controllano quali alimenti siano già nel frigorifero o nella dispensa prima di recarsi al supermercato. La fantasia, poi, è un’altra pecca degli italiani. Gli avanzi, infatti, possono essere spunto per creare ricette nuove e originali.
LA “CLASSIFICA” DELLO SPRECO – Quali sono gli alimenti che finiscono nella spazzatura con maggiore frequenza? I prodotti freschi – frutta e verdura, latte e formaggi -, spesso acquistati in quantità eccessiva e non conservati correttamente. Meno frequente, invece, è lo spreco di carne e pesce: grazie anche alla possibilità di riporli nel congelatore. Conoscere le corrette procedure di conservazione degli alimenti è dunque fondamentale per evitare che molti di essi finiscano anzitempo nella pattumiera. «La temperatura non è omogenea in tutti i ripiani del frigorifero, ma diminuisce dall’alto verso il basso – prosegue Braga -. Nei cassetti dovrebbe essere di sei gradi: la collocazione ideale per conservare frutta e verdura». Oltre al corretto posizionamento degli alimenti, è importante saper interpretare le etichette alimentari. Quando si legge “da consumarsi entro”, relativamente a prodotti freschi che hanno una scadenza di pochi giorni, si è in presenza di un’indicazione perentoria che, se non rispettata, può mettere a rischio la sicurezza del prodotto. Diverso, invece, dev’essere l’atteggiamento da tenere di fronte alla dicitura “da consumarsi preferibilmente entro”. In questo caso, frequente quando si maneggiano alimenti a lunga conservazione, si può anche andare oltre: purché entro certi limiti. L’indicazione riguarda la qualità nutrizionale e le proprietà organolettiche, senza rischi particolari per la salute.